venerdì 31 agosto 2007

Capitolo X - Ragnarok

X. Apud Choaspis fontes, in castris Susiani exercitus*
L’intero esercito del Tema indipendente di Susa si era accampato vicino alla sorgente del fiume Choaspe, ai piedi del gruppo montuoso che nascondeva il Santuario di Illa Diva.
Le diverse armate che componevano l’esercito erano schierate separatamente, intorno alle tende del re e dello stratego. In un primo quadrato erano sistemati i Caldei federati. I loro carri da guerra falcati, allineati e pronti per essere attaccati ai cavalli, erano imponenti e terribili agli occhi. In realtà, tutto l’esercito susiano era spettacolare, nella sua grandezza: centinaia di elefanti da guerra ricoperti da catafratte multicolori, una cavalleria bizantina resa più mobile imitando le tecniche barbare, le forze di ΡαεFώθζ, armate come gli eserciti musulmani. La fanteria era l’innovazione tattica più singolare di Quinto Fabio: fondandosi ormai gli eserciti sulle cariche di cavalleria, che avevano sopraffatto la mobilità dello schieramento manipolare romano, aveva compiuto un ritorno al passato. I soldati della fanteria utilizzavano, infatti, un armamento oplitico di tipo alessandrino che, grazie alle lunghe sarisse, resisteva inamovibile alle cariche di cavalleria. I nemici sopravvissuti sarebbero stati poi finiti dalle cariche dei carri falcati, seminatori di stragi.

Non solo i militari ed il re erano partiti da Susa, ma anche Panatto Retore con un suo valletto. La vicinanza al Santuario di Illa Diva lo metteva in grande fermento, mentre il suo servitore pareva atterrito dalla situazione.
Una sera, arrivarono i due esploratori che ΡαεFώθζ aveva inviato a cercare i Massageti. Avevano trovato i resti di un loro accampamento, abbandonato in tutta fretta. Tracce portavano all’ingresso della valle nella quale si trovava il Santuario di Illa Diva.
La presenza di barbari pericolosi all’interno del luogo più inviolabile dell’Oriente non fu, com’era opportuno, resa nota alla truppa.

In compenso, si tenne un consiglio di guerra tra i diversi generali dell’esercito.
All’interno della tenda dello Stratego, sedevano Cosroe, comandante dei Persiani, Parvo Cornua, comandante dei Caldei federati, ΡαεFώθζ, capo dei Servizi di Sicurezza, Rots, capo della fanteria e Adriano Re, che assolveva il compito di capo della cavalleria oltre, naturalmente, al comandante supremo.
ΡαεFώθζ, l’unico ad essere già penetrato nella valle segreta, prese la parola per primo: «Signori colleghi, io ritengo che sia più utile portare all’interno della valle solo delle truppe scelte, le mie. Non so perché, ma ho un brutto presentimento, e sarebbe bene che la maggior parte dell’esercito rimanesse fuori della valle.»
Come il militare avesse avuto quel presentimento, nessuno dei presenti poteva immaginarlo, e forse nemmeno lo stesso ΡαεFώθζ lo sapeva; ciò nonostante, pareva che nessuno degli altri generali avesse voglia di inoltrare i propri uomini in quella cupa gola, tanto adatta ad un’imboscata.
Solo Quinto Fabio, che non aveva certo fatto uscire tutto l’esercito per una semplice orda barbara, volle avere l’ultima parola: «Vengo anch’io. Faremo presto»
In quel momento, si affacciò all’ingresso della tenda Panatto Retore: «Vengo anch’io, signori.»
I militari erano stati molto scettici circa la presenza, in una missione di guerra, di un dignitario di corte, e tanto più ora che voleva partecipare ad un’operazione delicata come quella che si stava preparando. La resistenza che ΡαεFώθζ cercò di opporre alla sua presenza fu però stroncata da Quinto Fabio, che conosceva il motivo che spingeva lo studioso a voler introdursi nella valle.
* Presso le sorgenti del Choaspe, nel campo dell’esercito susiano

lunedì 27 agosto 2007

Capitolo IX - Ragnarok

IX. Byzantii, in Sacro Palatio*
La situazione dell’Impero Bizantino, ancorché grave, si stava stabilizzando. Dopo averlo portato a perdere in pochissimo tempo tutta l’Africa Settentrionale, l’espansione araba si era lentamente arenata, per via di conflitti interni.
Le tribù arabe si erano spaccate in due fazioni, quella dei fedeli di Alì, assassino ed integralista, e dei fedeli della dinastia regnante, in odore di usurpazione. Mentre questi ultimi avevano svolto una politica espansiva in Africa, a spese dell’Impero dei Romani, i primi tendevano ad occupare territori in direzione del Tema di Susiana. Per questo motivo, l’imperatore Valente II era sinceramente preoccupato, dato che l’espansione sciita minacciava anche il Santuario di Illa Diva.
Al contrario, Lilia Domna aveva un occhio di riguardo per questa fazione araba, poiché l’unione di potere politico e religioso che propugnava era molto simile ai fondamenti del potere bizantino e quindi, in linea di principio, suo affine.
In gran segreto, nei suoi appartamenti privati, da dove amministrava l’impero, stava ricevendo una legazione diplomatica di Sciiti.
«Signori, siamo venuti a sapere dei vostri tentativi di sottomettere la Susiana.», esordì la donna.
«In realtà, signora, non abbiamo mai tentato di invadere quel territorio, e siamo venuti da voi per discutere di una nostra eventuale spedizione oltre il corso del Tigri.»
«Se il vostro desiderio è conquistare quella regione, sappiate che si è resa da noi indipendente più di un anno fa, nonostante il basileus non voglia rendersene conto. Io sono convinta che un’invasione da parte vostra, in quella terra di Nestoriani, che non riconoscono l’esclusiva natura divina del Cristo, sia più che opportuna.»
«I vostri sofismi teologici non ci interessano, signora. Giurate quindi che non interverrete contro l’esercito che porteremo in Susiana?», cercò di concludere l’ambasciatore arabo
«El Q̉ hrą, vi propongo un accordo diverso. Noi invieremo un nostro esercito, che compia azioni di disturbo nei confronti delle forze susiane, che so essere molto preparate anche nei confronti di un attacco massiccio. Poi ci spartiremo le conquiste. A voi la Susiana e a noi la restituzione dell’Egitto.»
Dal punto di vista strettamente economico, questo accordo era decisamente a favore dei Bizantini, che si sarebbero ripresi un territorio già perduto.
In questo senso, l’accordo che Lilia Domna e l’ambasciatore degli Arabi El Q̉ hrą combinarono era un grande successo diplomatico per il trono di Bisanzio.
Scesero però in campo le motivazioni ideologiche, quando Lilia Domna andò a parlare all’imperatore. Infatti, a Valente balzò subito all’occhio il fatto che, in base a quell’accordo, si sarebbe perduto per sempre il Santuario di Illa Diva.
L’imperatore non voleva ancora ammettere che anche la missione di Felix Felis era stata un fallimento. La colpa fu data ai predoni arabi, cui effettivamente apparteneva, anche se questa volta non ci fu nessun sopravvissuto a tornare indietro.
Per questo motivo, giunto a lite con Lilia Domna per via della guerra, decise di mandare il proprio esercito nel Tema di Susiana, ma non per supportare l’invasione araba che si stava preparando, bensì per prendere possesso del Santuario di Illa Diva, di cui non conosceva la posizione ma che era convinto poter trovare, una volta raggiunta la regione.
Gli Arabi, al contrario di quanto si potesse pensare, conoscevano già bene l’arte della diplomazia: erano rimasti nel Sacro Palazzo due spie, che assistettero alla conversazione nella sala del trono tra l’imperatore e Lilia Domna. Non sarebbero stati colti di sorpresa dalla manovra di Valente.

Così, in poco più di un mese, l’esercito di Bisanzio, formato dagli uomini inviati dagli Strateghi dei Temi fedeli, in gran parte dallo Stratego di Anatolia e dallo Stratego di Longobardia, e da truppe mercenarie e federate, reclutate oltre il confine settentrionale, tra cui i Bulgari, fu pronto per scendere in guerra.

Nello stesso tempo, gli ambasciatori arabi erano tornati a Damasco, dove riuscirono a convincere il Califfo ad allestire la missione d’invasione. Le tribù beduine dell’Arabia centrale si dimostrarono subito pronte a scendere in guerra mentre, come prevedibile, furono più titubanti i comandanti delle forze reclutate nelle regioni da poco annesse; ma, nonostante questi problemi, anche il Califfato di Damasco, con un esercito non potentissimo ma certamente agguerrito, si preparava a scendere in guerra contro il Tema di Susiana.
* A Bisanzio, nel Sacro Palazzo