lunedì 27 agosto 2007

Capitolo IX - Ragnarok

IX. Byzantii, in Sacro Palatio*
La situazione dell’Impero Bizantino, ancorché grave, si stava stabilizzando. Dopo averlo portato a perdere in pochissimo tempo tutta l’Africa Settentrionale, l’espansione araba si era lentamente arenata, per via di conflitti interni.
Le tribù arabe si erano spaccate in due fazioni, quella dei fedeli di Alì, assassino ed integralista, e dei fedeli della dinastia regnante, in odore di usurpazione. Mentre questi ultimi avevano svolto una politica espansiva in Africa, a spese dell’Impero dei Romani, i primi tendevano ad occupare territori in direzione del Tema di Susiana. Per questo motivo, l’imperatore Valente II era sinceramente preoccupato, dato che l’espansione sciita minacciava anche il Santuario di Illa Diva.
Al contrario, Lilia Domna aveva un occhio di riguardo per questa fazione araba, poiché l’unione di potere politico e religioso che propugnava era molto simile ai fondamenti del potere bizantino e quindi, in linea di principio, suo affine.
In gran segreto, nei suoi appartamenti privati, da dove amministrava l’impero, stava ricevendo una legazione diplomatica di Sciiti.
«Signori, siamo venuti a sapere dei vostri tentativi di sottomettere la Susiana.», esordì la donna.
«In realtà, signora, non abbiamo mai tentato di invadere quel territorio, e siamo venuti da voi per discutere di una nostra eventuale spedizione oltre il corso del Tigri.»
«Se il vostro desiderio è conquistare quella regione, sappiate che si è resa da noi indipendente più di un anno fa, nonostante il basileus non voglia rendersene conto. Io sono convinta che un’invasione da parte vostra, in quella terra di Nestoriani, che non riconoscono l’esclusiva natura divina del Cristo, sia più che opportuna.»
«I vostri sofismi teologici non ci interessano, signora. Giurate quindi che non interverrete contro l’esercito che porteremo in Susiana?», cercò di concludere l’ambasciatore arabo
«El Q̉ hrą, vi propongo un accordo diverso. Noi invieremo un nostro esercito, che compia azioni di disturbo nei confronti delle forze susiane, che so essere molto preparate anche nei confronti di un attacco massiccio. Poi ci spartiremo le conquiste. A voi la Susiana e a noi la restituzione dell’Egitto.»
Dal punto di vista strettamente economico, questo accordo era decisamente a favore dei Bizantini, che si sarebbero ripresi un territorio già perduto.
In questo senso, l’accordo che Lilia Domna e l’ambasciatore degli Arabi El Q̉ hrą combinarono era un grande successo diplomatico per il trono di Bisanzio.
Scesero però in campo le motivazioni ideologiche, quando Lilia Domna andò a parlare all’imperatore. Infatti, a Valente balzò subito all’occhio il fatto che, in base a quell’accordo, si sarebbe perduto per sempre il Santuario di Illa Diva.
L’imperatore non voleva ancora ammettere che anche la missione di Felix Felis era stata un fallimento. La colpa fu data ai predoni arabi, cui effettivamente apparteneva, anche se questa volta non ci fu nessun sopravvissuto a tornare indietro.
Per questo motivo, giunto a lite con Lilia Domna per via della guerra, decise di mandare il proprio esercito nel Tema di Susiana, ma non per supportare l’invasione araba che si stava preparando, bensì per prendere possesso del Santuario di Illa Diva, di cui non conosceva la posizione ma che era convinto poter trovare, una volta raggiunta la regione.
Gli Arabi, al contrario di quanto si potesse pensare, conoscevano già bene l’arte della diplomazia: erano rimasti nel Sacro Palazzo due spie, che assistettero alla conversazione nella sala del trono tra l’imperatore e Lilia Domna. Non sarebbero stati colti di sorpresa dalla manovra di Valente.

Così, in poco più di un mese, l’esercito di Bisanzio, formato dagli uomini inviati dagli Strateghi dei Temi fedeli, in gran parte dallo Stratego di Anatolia e dallo Stratego di Longobardia, e da truppe mercenarie e federate, reclutate oltre il confine settentrionale, tra cui i Bulgari, fu pronto per scendere in guerra.

Nello stesso tempo, gli ambasciatori arabi erano tornati a Damasco, dove riuscirono a convincere il Califfo ad allestire la missione d’invasione. Le tribù beduine dell’Arabia centrale si dimostrarono subito pronte a scendere in guerra mentre, come prevedibile, furono più titubanti i comandanti delle forze reclutate nelle regioni da poco annesse; ma, nonostante questi problemi, anche il Califfato di Damasco, con un esercito non potentissimo ma certamente agguerrito, si preparava a scendere in guerra contro il Tema di Susiana.
* A Bisanzio, nel Sacro Palazzo

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