martedì 4 marzo 2008

Capitolo IV - Rex et sacerdos

IV. Byzantii*
Tra la folla variopinta che affollava le viuzze della nuova Roma, composta di gente di tutte le razze e di tutte le nazioni del mondo, nessuno notava la strana coppia che, ormai da qualche giorno, percorreva il decumano massimo cercando, in tutte le botteghe, qualcuno che non arrivava mai.
Erano due uomini, uno giovane e fiero, che apparteneva a qualche popolazione germanica, l’altro di mezza età, vestito come un pastore e con una corta barba di foggia persiana.
Non erano rari, a Bisanzio, vecchi che vestivano alla maniera degli abitanti della Persia, soprattutto da quando, una ventina d’anni prima, il grande impero, tradizionale nemico dei Romani d’Oriente, era caduto sotto la dominazione araba.
Questi vecchi, perlopiù visionari e stregoni zoroastristi, erano considerati infidi dalla popolazione urbana, che, a volte, ne lapidava qualcuno, ma sembrava fossero stati accolti in buon numero all’interno del Sacro Palazzo, da quando il Sinodo clandestino aveva cacciato il Patriarca Panatto e aveva insediato un patriarca, isaurico come il nuovo imperatore Leone.
L’eresia Isaurica, nata soprattutto per i contatti tra ascetismo orientale e le religioni aiconiche mussulmana ed ebraica, aveva accettato anche il manicheismo degli Zoroastristi ed era, in virtù del sincretismo cui era ispirata, molto ben accetta dal popolo, che nella sua quasi totalità la professava.
Il giovane germanico, dalla figura altissima ed imponente, apparteneva al popolo dei Franchi, che si era da più di un secolo insediato nella Gallia settentrionale e nella Belgica. A dispetto della giovane età, era uno dei nobili più insigni del suo popolo, ed era stato nominato comes del re poco prima di partire per quella missione diplomatica.
L’uomo più attempato che l’accompagnava era uno dei consiglieri del re dei Franchi; il motivo per cui sembrasse persiano poteva essere una coincidenza, oppure determinato da sue effettive origini orientali. In realtà, pochi sapevano donde venisse o come avesse fatto ad ottenere il proprio compito, e meno ancora perché avesse spinto il Consiglio del Re ad indire quella missione.
I due uomini vagavano per il decumano massimo cercando informazioni sul precedente patriarca di Costantinopoli, di cui erano sparite le tracce al tempo del Sinodo; era come se il consigliere del re avesse un antico conto in sospeso con il religioso, e andasse cercandolo con foga innaturale.
Dal canto suo, il giovane conte assecondava il dignitario che gli fungeva anche da guida, poiché conosceva perfettamente tutti i remoti recessi della città e di tutte le città che avevano attraversato.
Anche quel giorno, allo stesso modo di tutti quelli della settimana precedente, i due avevano chiesto la stessa cosa in tutte le bettole in cui erano entrati. Senza successo.
In quella in cui si trovavano in quel momento era seduto, in un angolo buio, un contadino che veniva dalla Tessaglia. La descrizione del Patriarca di Costantinopoli Panatto, accompagnata dal suono delle monete che i due tenevano in mano, lo fece alzare ed avvicinare al conte.
Con voce bassa ed incerta, rivolse loro la parola:
«Il Patriarca Panatto? Un vecchio come quello di cui dite è passato dal mio villaggio il mese scorso. Non credo, però, che sia il nostro vecchio patriarca. Poteva sembrare un’eremita, anche se mi era sembrato strano che si accompagnasse ad un soldato barbaro.»
Il giovane conte sobbalzò.
«Soldato barbaro? Che aspetto aveva?»
«Era tarchiato, ceruleo di occhi e aveva capelli rossi. Poteva sembrare uno di quei mercenari longobardi arruolati nell’esercito, ma viaggiava da solo, mentre li ho sempre visti con tutta la loro famiglia al seguito.»
Il giovane stava per rispondere, ma l’inizio della sua domanda venne sovrastato da quella del suo compagno.
«Bene. Per dove erano diretti?»
«Non lo so, signore, non so dove volessero andare o dove avrebbero trovato requie. Ma il barbaro parlava di confini dell’Oriente.»
Il contadino fu immediatamente pagato, dopo avergli intimato di non parlare con nessuno del loro incontro, e i due uscirono dalla bettola affrettandosi alla locanda dove erano alloggiati.
«Abbà, siete sicuro circa la segnalazione del Patriarca?», chiese a bruciapelo il giovane.
«Comes Damien Dusieur, la dichiarazione è certamente attendibile. Ci dovrebbe preoccupare il Longobardo, piuttosto. Significherebbe che Panatto è riuscito a trovare alleati. Dobbiamo raggiungerlo prima che attraversi l’Oxus e si perda nelle steppe dell’Asia centrale.»
Arrivati velocemente al luogo dove alloggiavano, si prepararono per la partenza; Abbà si gettò sulle spalle una sacca di pelle, mentre Dusieur si preparò vestendosi alla Franca, appendendo ad un pesante cinturone, stretto attorno alla tunica che copriva la cotta di maglia, la spada a due tagli.
Partirono subito dopo, entrambi a cavallo, cercando di recuperare il tempo che potevano aver perso nei confronti di Panatto e del misterioso Longobardo.
*A Bisanzio

Nessun commento: