martedì 20 marzo 2007

Capitolo IV - Ragnarok

IV. Hyrcaniā, septentrionale fine Susianae Thematis*

Il poco che era rimasto dell’esercito persiano, dopo che gli Arabi ne avevano causato il tracollo, si era schierato nei territori che gli erano stati assegnati da Quinto Fabio.
I comandanti persiani, che già avevano dovuto concedere molto agli antichi nemici, come la rinuncia allo Zoroastrismo religione di Stato, non avevano più l’autorità somma sulle loro truppe; i loro mastodontici pachidermi, che da secoli terrorizzavano tutti gli eserciti del Medio Oriente e dell’Asia Centrale, erano ora al servizio del signore del piccolo (una volta) Tema di Susiana.
Cosroe, generale persiano, guardava ora con desolazione il lembo di territorio che doveva controllare. Un altopiano insidioso ed arido, che degradava verso il lontano lago salato, attraversato solo da una via carovaniera.
Gli Arabi, non paghi delle loro recenti conquiste avrebbero certo portato le proprie armate in questa direzione, per cercare di controllare la vitale via della seta. Il suo lungo abito, che gli cadeva fino ai piedi, si impolverava lungo i camminamenti di guardia, in posizione sopraelevata, che costeggiavano per un lungo tratto la pista. Le carovane, un tempo relativamente frequenti, erano drasticamente diminuite di numero e aumentate di consistenza, giacché nessuno più si fidava; i mercanti cristiani erano attaccati dai predoni arabi, e i mercanti arabi erano fermati dall’esercito della Susiana, che non ne permetteva il transito.
La notte iniziava a tendere all’alba, quando due figure attraversarono furtivamente la pista. La sentinella, scortele, avvisò subito l’ufficiale di guardia. Dopo cinque minuti erano già state catturate e condotte dal generale Cosroe.
Erano una singolare coppia d’uomini. Il primo sembrava portare i segni di tutte le epidemie di vaiolo del mondo. I segni che gli solcavano il volto erano tanto profondi, tanto irregolare il profilo delle sue gote che a difficoltà se ne scorgevano i connotati, salvo il grosso naso prominente e le profonde occhiaie che ne cerchiavano gli occhi. L’altro era più alto, ma la sua schiena non era in grado di stare in posizione eretta. Aveva una faccia da satiro, con piccoli occhietti e capelli incolti, e una grossa gobba sulla schiena.
Furono interrogati.
Il secondo, che pure pareva più intelligente, non era in grado di capire la lingua, né il persiano usato dai soldati che l’avevano catturato né il greco o il latino con cui si sforzava di farsi intendere il generale.
L’altro, invece, masticava qualche parola di Persiano.
«È vietato» scandiva Cosroe «introdursi nel Tema di Susiana senza visto e, come nel vostro caso, documenti. Chi siete?»
Il primo, con una voce gutturale e sgradevole, rispose sostenendo che erano due Ircani fuggiti dal proprio paese natio. Lui si chiamava Χυξξίαδις[i]. Il suo nome era greco per il fatto che suoi parenti venivano dall’Ellade, ed aveva imparato un po’ il Persiano perché era stato fatto schiavo dai Persiani al tempo della conquista da parte loro dell’Hyrcania, nella quale viveva. L’altro era invece senza nome. L’aveva trovato in un caravanserraglio, dove presumibilmente viveva facendo divertire i mercanti. Anche in quel momento, infatti, stava mimando atti osceni suscitando l’ilarità della truppa.
«Selvaggio e “simpatico”», disse Cosroe con una vena di disprezzo «ti do io il nome che ti meriti, Lepido Silvano».
I due “clandestini” rimasero nel campo di Cosroe, adibiti a funzioni servili, vivendo in relativa tranquillità.
* In Hyrcania, confine settentrionale del Tema di Susiana
[i] pr. Cuxxiadis

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